NUOVO BIDECALOGO
Linee di indirizzo e di autoregolamentazione del CAI
in materia di ambiente e tutela del paesaggio
(versione corretta il 7.03.2012)
Sommario
Premessa
Parte prima Posizione e impegno del CAI a favore dell’ambiente montano e della sua tutela
1 La montagna e le aree protette
2 Il territorio, il paesaggio, il suolo
3 Vie di comunicazione e trasporti
4 Turismo in montagna
5 Impianti industriali, cave, miniere, prelievi fluviali, sfruttamento del suolo, impianti idroelettrici
6 Politica venatoria
7 Fonti di energia rinnovabile
8 Terre alte: attività umana e agricoltura di montagna
9 Cambiamenti climatici
10 Politiche per la montagna, convenzioni, rapporti con altri Club e altre Istituzioni
Parte seconda Politica di autodisciplina del CAI
Considerazioni generali
11 Rifugi, bivacchi, capanne e sedi sociali
12 Sentieri attrezzati e vie ferrate
13 Alpinismo e arrampicata
14 Scialpinismo ed escursionismo invernale
15 Scialpinismo e altre attività praticate in forma competitiva (gare)
16 Escursionismo e cicloescursionismo
17 Speleologia e torrentismo
18 Spedizioni alpinistiche e trekking internazionali
19 Manifestazioni
20 Educazione ambientale
Conclusioni
Sanzioni
Note
Premessa
Il Club Alpino Italiano (CAI), fin dalla sua fondazione nel 1863, si è proposto il compito di diffondere la conoscenza e l'interesse per i territori montani (Alpi, Prealpi, Appennini e catene montuose delle Isole), riconoscendo la loro importanza sia per i valori scientifici custoditi nei suoi molteplici ambienti naturali, sia per i valori culturali e storici espressi dal suo paesaggio e dalle testimonianze antropiche connesse.
Le disposizioni legislative nazionali aventi ad oggetto il CAI, dal 1963 in poi, nonché gli aggiornamenti statutari, intervenuti dal 1975, fanno chiaro riferimento a compiti ineludibili di tutela dell'ambiente montano.
Conoscere, frequentare e preservare le montagne e difenderne l’ambiente sono i predicati su cui si fonda l'identità del Sodalizio.
L’ambiente montano costituisce il “terreno” nel quale si svolge principalmente l’attività del CAI. Pertanto le molteplici attività del sodalizio devono essere improntate a coerenza per quel che riguarda la tutela dei valori ambientali; da ciò discende l'efficacia e la credibilità di qualunque iniziativa e posizione che il CAI stesso volesse intraprendere in difesa dell'ambiente montano.
Il Club Alpino Italiano si assume quindi l’obiettivo di rappresentare, a tutti i livelli ed in ogni circostanza, l'esempio di come sia possibile avvicinarsi alla montagna e viverne le bellezze senza in alcun modo degradarne il significato.
I comportamenti da ricercare e da perseguire devono essere improntati secondo i principi di uno sviluppo ecocompatibile e sostenibile che legano, in un rapporto di interdipendenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale ed istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri.
I principi della Convenzione delle Alpi, già sottoscritti dal CAI in quanto partecipe di CIPRA, possono essere assunti quali linee guida della nostra politica ambientale in particolare con riferimento speciale al diritto di cittadinanza delle popolazioni residenti nelle Terre Alte. Gli stessi principi sono contenuti nella Convenzione degli Appennini, direttamente sottoscritta dal CAI (Nota 3).
Per il conseguimento di questi obiettivi, il CAI ritiene indispensabile riferirsi ai principi dell’autodisciplina ed autoregolamentazione, quella regola cioè posta dallo stesso soggetto che la deve rispettare.
Tale regola è indirizzata, nel caso del CAI, al soggetto che pratica l'attività, cioè il socio, ed alla associazione che la promuove e la organizza, cioè il CAI stesso.
Le regole si basano su un inscindibile criterio etico-ambientale: protezione dell'ecosistema montano, sviluppo sostenibile e mantenimento di condizioni conformi alla natura e al significato dell'attività.
È necessario che la presenza del singolo socio e dello sportivo in montagna, nonché del CAI, inteso quale Associazione, sia sempre rispettosa dell’ambiente, degli abitanti, della cultura e delle tradizioni locali. Non bisogna inoltre adattare l'ambiente della montagna alle esigenze dei singoli e della Associazione, bensì adattare queste ultime alle realtà ambientali della montagna.
Il CAI, quale Associazione portatrice di interessi diffusi intende:
sostenere provvedimenti legislativi a vario livello atti al supporto di politiche di tutela ambientale in sintonia con i propri principi e linee guida;
partecipare, laddove consentito e previsto, a tavoli, commissioni e consulte di carattere istituzionale;
intervenire nell’iter delle procedure amministrative di approvazione della pianificazione e dei piani pluriennali di sviluppo a tutela del paesaggio e dell'ambiente;
attivare, dopo attenta valutazione dei singoli casi, eventuali azioni ed opposizioni in sede amministrativa o a mezzo di ricorsi giurisdizionali, qualora ravvisi e constati il mancato rispetto della legislazione vigente e/o gravi danni ambientali.
Pertanto l'attività del CAI, dagli Organi Centrali ai Gruppi regionali, dalle Sezioni ai singoli Soci, sarà impostata coerentemente con il compito di tutela dell’ambiente montano e del paesaggio, secondo i principi contenuti nel Documento.
(vedi nota n. 1)
PARTE PRIMA
Posizione e impegno del CAI a favore
dell’ambiente montano e della sua tutela
Punto 1 - La montagna e le aree protette
L’alta montagna nel suo complesso rappresenta l’ultimo ambiente naturale ancora non completamente antropizzato dell’Europa e del Mondo e riveste, anche per tale motivo, un’importanza assolutamente eccezionale. La tutela della montagna in tutte le sue più notevoli peculiarità (ghiacciai, acque, creste, vette, crinali, forre, grotte o qualsiasi altro elemento morfologico dominante o caratteristico, vegetazione, popolazioni, animali) è essenziale per la conservazione e, ove possibile, il ripristino della biodiversità degli ambienti montani.
Assumono un ruolo fondamentale a questi fini le aree protette comunitarie, nazionali, regionali o locali, in particolare i parchi e le riserve naturali esistenti.
La nostra posizione
Per il CAI è fondamentale la conoscenza e lo studio della montagna in tutti i suoi aspetti sia naturali (flora, fauna, acque, rocce e ghiacciai) sia antropici (cultura, storia, risorse e attività delle Terre Alte).
Il CAI è convinto sostenitore della rete delle aree protette. Ritiene di fondamentale importanza che:
il sistema delle stesse debba essere inteso, pianificato e sviluppato quale sistema di rete ecologica senza soluzione di continuità;
la rete di aree protette, parchi, SIC (Siti di Importanza Comunitaria), ZPS (Zone di Protezione Speciali) non debba subire alcuna riduzione di superficie;
debba essere dedicata particolare attenzione ai corridoi ecologici, siano essi di primaria o secondaria importanza, onde evitare il formarsi di barriere antropiche che compromettono il collegamento territoriale tra le aree protette e il libero passaggio delle specie.
Auspica la revisione della legge nazionale sulle aree protette, che preveda tra l’altro:
una dotazione finanziaria adeguata;
una gestione che ne garantisca la tutela;
una migliore strutturazione e competenza degli enti gestori.
Il nostro impegno
coadiuvare ed integrare, per quanto necessario, iniziative di tutela delle zone montane di preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico;
promuovere studi e ricerche finalizzati alla conoscenza degli aspetti naturali e antropici, in particolare di quelli più delicati e a rischio;
collaborare con centri di ricerca (per es. Comitato Glaciologico), Università e progetti scientifici;
sollecitare gli Enti preposti ad indirizzare la pianificazione territoriale alla tutela e alla conservazione dell’ambiente in contrapposizione al suo sfruttamento ed appoggiare proposte economiche ecocompatibili e sostenibili che permettano alle popolazioni di permanere nei territori di loro residenza;
partecipare alla gestione dei parchi e delle aree protette, quando lo sia previsto per le associazioni ambientaliste dalla legge istitutiva;
ricercare forme di partecipazione diretta nella conduzione e gestione di territori particolarmente fragili e di riserve naturalistiche, SIC ecc.;
sostenere ed estendere la sottoscrizione di convenzioni collaborative con la Federparchi e con singoli Parchi Nazionali e Regionali ed Aree Protette in genere.
(vedi nota n. 2)
Punto 2 - Il territorio, il paesaggio, il suolo
Un territorio è un'area definita o delimitata che include porzioni di suolo o di acque, considerata di solito un possedimento di un animale, di una persona, di un'organizzazione o di un'istituzione
Il paesaggio è la particolare fisionomia di un territorio determinata dalle sue caratteristiche fisiche, antropiche, biologiche ed etniche, così come è percepita dalle popolazioni.
I ventisette Stati della Comunità Europea hanno sottoscritto la Convenzione Europea del paesaggio, ratificata dall’Italia nel 2006. In essa è sancito che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro.
La trasformazione del paesaggio italiano, dal dopoguerra ad oggi, ha subito diverse accelerazioni per il sovrapporsi di diverse spinte.
A questo fattore si è unito il consumo di suolo definibile come quel processo antropogenico che prevede la progressiva trasformazione di superfici naturali od agricole mediante la realizzazione di costruzioni ed infrastrutture, e dove si presuppone che il ripristino dello stato ambientale preesistente sia molto difficile e molto oneroso a causa della natura dello stravolgimento della matrice terra.
La nostra posizione
Il CAI sostiene la tutela del paesaggio e ritiene indispensabile limitare al minimo il consumo del suolo.
Le procedure di valutazione di impatto ambientale, valutazione di incidenza e valutazione ambientale strategica, (VIA e VAS), da tempo introdotte nel nostro ordinamento, costituiscono i principi guida per una corretta gestione del territorio; le opere e gli interventi antropici devono essere proposti in un quadro di pianificazione territoriale, sottoposti ad una valutazione di carattere economico con analisi dei costi-benefici, autorizzati (laddove previsto dalle leggi nazionali e regionali) solo dopo il superamento di una valutazione di impatto ambientale, ambientale strategica ed anche di incidenza per le aree Natura 2000.
Il CAI, attraverso i propri organi tecnici di riferimento, è impegnato ad approfondire il nuovo concetto di valutazione economica di impatto della attività umana sull’ambiente che da qualche tempo è emerso nella comunità scientifica. Tale concetto si basa sulla così detta “ECONOMIA AMBIENTALE” che valuta contestualmente, oltre che i parametri classici, il “CAPITALE NATURALE” , cioè il valore economico dell’insieme dei sistemi naturali (acque, foreste, flora, fauna e territorio), i “prodotti” del territorio (agricoli, pesca, ecc.) e il patrimonio artistico e culturale presente nello stesso.
Ne deriva che uno sviluppo sostenibile e duraturo è possibile solo se la pianificazione è contestualmente basata oltre che sui classici fattori “capitale fisso” e “lavoro”, anche sul “capitale naturale” come sopra descritto.
Il nostro impegno
collaborare con gli enti pubblici territoriali anche in collegamento con le altre associazioni ambientaliste, per l’espletamento ed il rispetto delle procedure di valutazione sopra descritte;
sostenere la necessità ed estendere il principio, come già disciplinato da alcuni ordinamenti regionali, di una valutazione di impatto ambientale semplificata per i grandi raduni, che portano un elevato concentramento di persone a ritrovarsi in località montane ambientalmente fragili;
impegnarsi attraverso le proprie strutture centrali e territoriali in un approfondimento e diffusione del principio sostenuto dalla economia ambientale che valorizza il capitale naturale.
(vedi nota n. 3)
Punto 3 - Vie di comunicazione e trasporti
Il traffico motorizzato, di tipo commerciale, turistico e privato di varia natura comporta un notevole impatto ambientale su tutto il territorio e, in particolare, per il territorio montano.
Al traffico, infatti, va imputato più di un terzo del gas serra prodotto nel nostro Paese, oltre ad una grande quantità di altri inquinanti altamente dannosi per tutti gli esseri viventi (polveri sottili, inquinamento acustico, ecc.).
Le Alpi, gli Appennini e la montagna italiana in genere sono già largamente accessibili grazie all’estesa rete stradale di vario livello esistente.
Tuttavia la penetrazione motorizzata entro zone naturali selvagge e vallate remote, grazie alla realizzazione di nuove vie di accesso, è sempre più invasiva.
Inoltre si registra un sempre maggiore incremento del traffico “fuori strada”, sia estivo (4x4, quad, trial), sia invernale (motoslitte) e dei voli a scopo turistico (eliski) e commerciale.
La nostra posizione
È evidente l’importanza che rivestono le vie di comunicazione per l’economia e lo sviluppo delle regioni di montagna (trasporto merci e persone, agricoltura, turismo, estivo ed invernale, ecc.).
Il CAI resta convinto sostenitore del trasporto su ferrovia legato alle comunità locali.
E’ altrettanto evidente, per il CAI, la necessità di contemperare entrambe le esigenze: sopravvivenza e sviluppo delle economie di montagna con la necessità di preservarne e tutelarne il patrimonio ambientale in tutte le sue componenti.
Il nostro impegno
Sostenere azioni atte a:
evitare la costruzione indiscriminata di nuove strade, fatti salvi i casi di comprovata necessità certificata da una approfondita analisi economico-ambientale, evitando contemporaneamente l’ampliamento di quelle esistenti e/o l’asfaltatura di quelle a fondo naturale;
prevedere per le strade a fondo naturale il divieto di circolazione con mezzi motorizzati, salvo che per quelli utilizzati per attività agrosilvopastorali, per i mezzi di soccorso e/o di ordine pubblico, di gestione dei rifugi e impianti tecnologici;
confermare con legge statale (modifiche al codice della strada) quanto già previsto in alcune Regioni, e cioè un divieto assoluto di esercitare il turismo motorizzato (4x4, quad, trial e motoslitte in inverno), su mulattiere, sentieri e/o comunque fuori dai tracciati appositamente autorizzati. Potranno essere selezionati specifici percorsi per il turismo a cavallo o con mountain-bike;
supportare azioni normative per un divieto generale di uso dei natanti a motore sui laghi alpini ed appenninici di comprovato valore paesaggistico e ambientale e comunque su tutti quelli situati oltre 1.000 metri di altezza.
(vedi nota n. 4)
Punto 4 - Turismo in montagna
Il CAI ha tra i suoi scopi istituzionali la protezione dell’ambiente montano e del paesaggio. Ciò costituisce, quindi, un obbligo per il Sodalizio, in tutte le sue Componenti.
È peraltro cosciente dell’importanza che ha rivestito e riveste il turismo, estivo e invernale, per l’economia e per le popolazioni di montagna.
Dall’inizio del secolo scorso ad oggi sono state costruite numerose infrastrutture (vie d’accesso, parcheggi, insediamenti abitativi ed alberghieri, impianti di risalita, piste, ecc.), in particolare al servizio dello sci su pista, con un impatto devastante sul territorio montano. Ciò vale anche per altri tipi di infrastrutture al servizio del turismo di massa in montagna quali: parchi avventura, campi da golf, piste per il downhill. La realizzazione e/o l’ampliamento di tali infrastrutture sono spesso incoraggiati da notevoli finanziamenti pubblici che ne favoriscono la proliferazione.
La nostra posizione
Prima ancora di invocare nuove norme legislative, il CAI auspica perciò che le leggi, nazionali e/o regionali, in vigore siano applicate rigorosamente. Il CAI è contrario alla realizzazione di nuove infrastrutture, nuovi impianti o di ampliamento di quelli esistenti, in particolare nelle aree protette e nei siti Natura 2000, dove deve essere assolutamente vietato ogni intervento in tal senso ed inoltre in ambiti altitudinali soggetti a condizioni climatiche che richiedano dispendio di risorse naturali ed energia per garantire l’innevamento artificiale. Ove e quando se ne ravvisasse l’opportunità socioeconomica, nelle zone in cui tali infrastrutture siano già presenti, chiede sia sempre fatta una rigorosa analisi dei costi/benefici e della sostenibilità economica e ambientale.
Nella sostituzione di impianti obsoleti chiede, inoltre, che il terreno ove insistevano i vecchi impianti sia riportato quanto più possibile allo stato originale. Per quanto riguarda le altre infrastrutture, esse dovrebbero, quando possibile, essere collocate in prossimità delle zone già antropizzate salvaguardando le zone ancora caratterizzate da naturalità.
Il CAI ritiene che il turismo in montagna vada sostenuto con il miglior utilizzo dell’esistente ma, soprattutto, con un grande sforzo per la diversificazione dell’offerta mirata alle presenze lungo tutto l’arco dell’anno.
Il CAI privilegia e incentiva il turismo sostenibile, finalizzato prevalentemente alla ”esplorazione” intesa come osservazione ed immersione nella natura in contatto con la cultura e le tradizioni locali, convinto che ciò costituisca un tangibile contributo alla conservazione dell'ambiente.
Il nostro impegno
Il CAI si impegna a confermare a tutti i livelli la sua contrarietà a:
nuove opere a fune per raggiungere vette, ghiacciai, valichi, o territori che comunque superino i 1.600 metri sulle Alpi ed i 1.200 metri sull'Appennino;
realizzazione di nuove stazioni sciistiche sotto i 2.000 metri di quota e all’ampliamento dei comprensori sciistici esistenti;
realizzazione di nuove strade e/o di nuove vie di accesso a luoghi finora raggiungibili attraverso sentieri e/o strade silvo-agro-pastorali.
Si impegna inoltre a:
intervenire nelle procedure amministrative di approvazione della pianificazione ed particolare dei piani neve, a tutela del paesaggio e dell'ambiente, esperendo, se necessario, i previsti ricorsi amministrativi e/o giurisdizionali;
appoggiare iniziative volte a sostituire nei centri minori all'attività sciistica su pista il turismo verde;
contrastare o comunque scoraggiare l'uso di aerei, elicotteri, motoslitte per finalità ludico-sportive.
Punto 5 - Impianti industriali, cave, miniere, prelievi fluviali, sfruttamento del suolo, impianti idroelettrici
Anche ad alta quota ambiti montani di particolare bellezza sono stati, a volte, rovinati da cave e miniere. Molteplici vallate e fiumi subiscono prelievi fluviali e/o sbarramenti per lo sfruttamento idroelettrico. Le tecniche moderne hanno accelerato e massificato gli interventi, con danni a volte irreparabili al paesaggio e all'ambiente, anche per i collegamenti stradali realizzati per il trasporto su gomma dei materiali estratti. L’accumulo a valle dei residuati può, a volte, modificare in modo grave il territorio. L’utilizzo industriale del territorio anche se necessario per lo sviluppo del Paese deve essere realizzato nel rispetto, per quanto possibile, dell’ambiente e nella salvaguardia delle risorse naturali.
La nostra posizione
Il CAI ritiene sia di assoluta importanza:
limitare i prelievi e gli interventi allo stretto necessario, valutando il rapporto costi-benefici soprattutto in funzione dei vantaggi sociali rispetto al danno alle comunità locali;
sostenere il principio del divieto assoluto di escavazione e di prelievi di materiale fluviale nelle aree protette, fatti salvi i drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei.
Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio.
Il nostro impegno
seguire la legislazione nazionale e regionale in materia ed i piani pluriennali di sviluppo di tali attività, per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, gravi danni all'ambiente;
partecipare, laddove previsto, con propri rappresentanti, anche assieme ai rappresentanti di altre Associazioni Ambientaliste, alle attività delle Commissioni e Consulte Istituzionali per la programmazione e gestione mineraria della attività di escavazione e/o prelievi;
sostenere il principio del divieto assoluto di escavazione di materiali (marmi, dolomia, inerti, ecc.) e di prelievi di materiale fluviale nelle aree protette, fatti salvi i drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei.
Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio.
Punto 6 - Politica venatoria
L’attività venatoria deve essere esercitata entro i limiti delle norme vigenti, comunitarie e nazionali. La violazione di tali norme da parte dei cacciatori, e in particolare il bracconaggio, devono essere contrastati duramente, assicurando ai Corpi di vigilanza un’adeguata dotazione di uomini e mezzi.
La reintroduzione di specie autoctone estinte e il ripopolamento di specie animali fortemente ridotte devono essere incoraggiati su tutti i territori di media e alta montagna, secondo criteri attentamente valutati sotto il profilo scientifico, ad evitare di generare ulteriori e ancor più gravi squilibri.
Di pari passo devono essere incoraggiate tutte le pratiche che consentono di recuperare forme virtuose di convivenza tra l’uomo e la fauna selvatica: incentivazione dei corridoi biologici, definizione delle regioni biogeografiche, salvaguardia della Rete Natura 2000.
La nostra posizione
Il CAI ritiene necessarie la redazione della Carta Natura, la revisione della composizione del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio, la rimodulazione degli Ambiti Territoriali di Caccia e degli Istituti Venatori Provinciali.
Il CAI intende sostenere le imprese agricole che svolgono attività di tutela e incremento della biodiversità, che adottano sistemi di certificazione ambientale, che si impegnano alla riproduzione di razze animali autoctone. Ritiene inoltre che debbano essere aggiornati i criteri di stima per la valutazione del risarcimento dei danni all’agricoltura prodotti dalla fauna selvatica.
il nostro impegno
essere presenti, se possibile, nelle commissioni e consulte di vario livello, nazionale, regionale o provinciale, per vigilare affinché la normativa statale in materia di caccia non sia vanificata dal potere di deroga, di cui spesso si avvalgono le Regioni, al momento di approvare il calendario venatorio;
seguire le legislazione nazionale e regionale in materia per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, violazioni della stessa;
partecipare, laddove previsto, con propri rappresentanti, anche assieme ai rappresentanti di altre Associazioni Ambientaliste alle attività delle Commissioni e Consulte Istituzionali di vario livello, nazionale, regionale o provinciale; questo affinché vengano costantemente rispettate le normative in materia di gestione della caccia, con particolare riferimento ai poteri di deroga delle regioni, alla redazione dei piani faunistico-venatori, alla approvazione del calendario venatorio ed ai ripopolamenti e ripristini ambientali.
Punto 7 - Fonti di energia rinnovabile
Il CAI è conscio della fondamentale importanza dell’energia e della sua disponibilità per la sopravvivenza e lo sviluppo dei territori di montagna. Diverse fonti rinnovabili di energia (energia cinetica, idraulica ed eolica, biomasse forestali, ecc.) traggono origine, per condizioni favorevoli, dalle zone montuose, ma il loro sfruttamento può causare importanti squilibri (idrogeologici, paesaggistici, floro-faunistici e antropico-sociali) all'ambiente. Le attuali fonti rinnovabili di energia pongono problemi non indifferenti al paesaggio e all’ambiente naturale in genere:
l'eolico industriale, per la necessità di infrastrutture di grande impatto in rapporto alla modesta energia prodotta;
il fotovoltaico, per la tendenza a sostituirsi all’agricoltura nelle campagne e sui pendii dolci e per l’impoverimento della fertilità dei suoli;
l’idroelettrico, oltre a modificare radicalmente l’idrografia e l’ambiente nelle zone di captazione, riduce fortemente la portata dei corsi d’acqua con evidenti ricadute sulla loro naturalità e sui territori a valle;
gli impianti a biomassa, possono alterare l’economia delle coltivazioni alimentari, fenomeno tutt’altro che raro, e provocare massiccia importazione di materiale dai Paesi Esteri con devastanti ricadute su quei territori e sul traffico conseguente al trasporto della materia prima.
L’utilizzo di tali fonti, auspicabile in linea di principio, è tuttavia oggi distorto da incentivazioni economiche che possono alterare e falsare la loro sostenibilità economico-ambientale e indurre speculazioni industriali a spese dell’ambiente naturale e del paesaggio.
La nostra posizione
Il CAI ritiene che le fonti di energia rinnovabili siano sostenute con giusto equilibrio, operando in modo che il loro utilizzo debba sottostare:
a un controllo positivo del rapporto costi-benefici in termini energetici, economici, ambientali e sociali, esperito tramite la valutazione di incidenza ed impatto ambientale per le nuove strutture;
a un divieto di installazione di nuove strutture idrauliche, eoliche o fotovoltaiche nei parchi nazionali e regionali e nelle riserve naturali, nei SIC, ZPS ed aree Natura 2000;
alla priorità nella installazione del fotovoltaico in centri abitati e/o utilizzando strutture già esistenti (tetti, parcheggi, ecc.);
all'accertamento, per l'eolico, della sussistenza di una ventosità che assicuri una produttività specifica media equivalente ad almeno 2.000 ore/anno di funzionamento a potenza nominale.
Il nostro impegno
seguire la legislazione nazionale e regionale in materia ed i piani pluriennali di sviluppo per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, violazioni della stessa;
sostenere studi, sviluppi ed utilizzo di fonti rinnovabili di energia;
sostenere l’indirizzo delle incentivazioni in campo energetico preferibilmente verso programmi di ricerca per nuove fonti ad alto rendimento e per una maggiore efficienza e risparmio delle utilizzazioni finali di energia;
vigilare affinché ogni nuova realizzazione od ampliamento di quanto esistente risulti inquadrata nei piani energetici nazionali e/o regionali, nonché per impedire gravi danni all’ambiente anche con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali.
(vedi nota n. 5)
Punto 8 - Terre alte: attività umana e agricoltura di montagna
Fin dalle epoche più remote la montagna, spesso anche alle quote più elevate, è stata caratterizzata dalla presenza antropica; le Terre Alte, intese come le regioni di montagna occupate e vissute dall’uomo, rappresentano un patrimonio culturale unico nel suo genere e di inestimabile valore. Tale patrimonio ha costituito e costituisce garanzia irrinunciabile per il mantenimento di un corretto equilibrio sul delicato ecosistema della montagna. L'agricoltura è parte importante di quel patrimonio ed è oggi a rischio di scomparsa, per molteplici motivi. Gli stessi cambiamenti strutturali dell'economia, legati alla globalizzazione, creeranno sempre maggiori difficoltà a formare reddito per le popolazioni di montagna, e conseguentemente disincentiveranno la presenza dell'uomo nelle Terre Alte, con inevitabili conseguenze sull'equilibrio sociale, economico e territoriale dell’ecosistema montano.
La nostra posizione
Il CAI ritiene indispensabile salvaguardare, nelle regioni montuose, le aree tradizionalmente antropizzate e il mantenimento in montagna delle attività agro-silvo-pastorali, con metodi moderni ma rispettosi dell'ambiente, che puntino ad una produzione di qualità, conseguentemente più redditizia, nei diversi settori colturali tipici per appartenenza territoriale, e al mantenimento della biodiversità.
Non di meno ritiene che occorra, non solo salvaguardare il patrimonio boschivo, ma anche fare in modo che esso possa costituire una fonte di reddito per le popolazioni e le comunità locali (certificazione del legname), sia mediante appropriate e moderne tecniche selvicolturali che privilegino la rinnovazione spontanea delle specie tipiche locali e la composizione plurispecifica del bosco, ed anche in relazione al conferimento a valle dai luoghi di espianto.
Il CAI ritiene inoltre che l'integrazione al reddito agricolo, creato da attività agrituristiche, improntate alla sostenibilità, sia da incentivarsi, al fine di favorire il commercio ed il consumo anche in loco della produzione agricola, i cosiddetti prodotti a “Km 0”.
Il nostro impegno
essere concretamente a fianco delle popolazioni montane e delle organizzazioni del settore agro-silvo-pastorale, nel ricercare e promuovere con gli Enti competenti, sia comunitari che nazionali, forme di integrazione snelle del reddito agricolo, tanto in forma singola che associata, destinate alla salvaguardia idrogeologica, ambientale e culturale del territorio montano (sfalcio dei prati, manutenzioni puntuali del terreno, dei pascoli, del reticolo idrico ed irriguo e dei sistemi terrazzati ecc.);
promuovere e condurre studi e ricerche finalizzati alla conoscenza, sia storica che attuale, e alla protezione delle Terre Alte;
incentivare l'individuazione e quindi favorire le produzioni agricole a denominazione d'origine protetta e controllata;
avviare forme innovative di collaborazione e cooperazione tra soci del Club Alpino e popolazione montana, al fine di essere presidio culturale per aree montane disagiate;
collaborare, per quanto attiene alla selvicoltura e al patrimonio forestale, con gli Enti locali onde prevenire e combattere, con le tecnologie più adatte, il grave fenomeno degli incendi boschivi;
sostenere la conservazione e la valorizzazione dell’inestimabile patrimonio storico e culturale costituito dalle Terre Alte;
favorire la sottoscrizione di accordi quadro di collaborazione con le associazioni del settore agricolo e/o sostenerle nella ricerca di adeguati contributi anche a singoli operatori impegnati per scelta nella permanenza nelle Terre Alte;
favorire e sostenere l’acquisto ed il consumo, nell’ambito delle proprie attività e strutture (rifugi), di prodotti locali, nell’ottica del “Km 0”
Punto 9 - Cambiamenti climatici
Le modificazioni climatiche in atto, principalmente legate alla produzione di gas ad effetto serra provenienti dalla combustione di idrocarburi, pongono problemi su scala mondiale, che si ripercuotono inevitabilmente sull'ecosistema montano e si concretizzano in un aumento della temperatura media globale ed in una variazione di intensità e frequenza delle precipitazioni solide e liquide. Gli effetti del riscaldamento nelle aree montuose del pianeta sono evidenti: regresso dei ghiacciai, aumento dello strato attivo del permafrost, intensificazione dei processi di erosione chimici e meccanici e conseguenti variazioni negli ecosistemi di alta quota. Si avranno da un lato problemi legati alla sicurezza dell'uomo e danni a infrastrutture; dall'altro si avranno problemi all'agricoltura e alla selvicoltura, in quanto la progressiva fusione dei ghiacciai porterà ad una minor disponibilità dell’acqua. Inoltre, l’assenza di precipitazioni per lunghi periodi favorirà l’insorgere di incendi boschivi, anche nelle foreste d’alta quota.
La nostra posizione
Come già detto, l’uso massiccio di veicoli a motore a scoppio è certamente in larga misura corresponsabile nella produzione di CO2 e di gas serra.
Il CAI ritiene ormai necessario ed indispensabile ridurre significativamente la produzione di tali gas con politiche ed azioni condivise anche con altre Associazioni Alpinistiche a livello mondiale. Reputa inoltre inderogabile la necessità di sollecitare la comunità scientifica, a tutti i livelli, affinché si concentri, con studi specifici, sul tema della risorsa idrica e della sua disponibilità futura.
Il nostro impegno
promuovere studi e ricerche, in collaborazione con Università e centri di ricerca, finalizzati ad una migliore conoscenza dei fenomeni naturali connessi alle variazioni climatiche;
collaborare con le altre Associazioni Alpinistiche europee ed internazionali e/o con altre Associazioni ed Istituzioni, aventi scopi analoghi, per sostenere politiche di livello internazionale, atte a preservare il pianeta dai cambiamenti climatici in atto provocati dall’azione dell’uomo;
sensibilizzare i propri Soci e le Sezioni ad una mobilità consapevole negli spostamenti individuali e ad un comportamento virtuoso in tal senso nell’organizzare le proprie attività.
(vedi nota n. 6)
Punto 10 - Politiche per la montagna, convenzioni, rapporti con altri Club e con altre Istituzioni
Come dichiarato in premessa, la tutela dell’ambiente montano, e non solo, è questione vitale per l’Italia, per l’Europa e per il mondo intero. I territori montuosi insieme agli oceani, alle grandi distese glaciali ai Poli e alle foreste equatoriali sono elementi rigeneranti del pianeta.
Entro contesti differenti, gli Stati dell’Arco Alpino vivono i medesimi problemi circa la necessità di tutelare l’ambiente e l’ecosistema delle Terre Alte. I diversi Club, nella convinzione che uno sforzo comune possa produrre migliori risultati rispetto un’azione isolata, da tempo sono impegnati in attività sinergiche tendenti a superare i limiti delle frontiere.
La nostra posizione
Il CAI considera le Convenzioni delle Alpi e degli Appennini strumenti di riferimento per tutte le azioni da promuovere in campo sia nazionale che internazionale.
Sostiene l’attività dei diversi organismi sovranazionali, a cominciare da UIAA e CIPRA, contribuendo alla formalizzazione di piani, progetti e azioni in tema di sport di montagna e di tutela dell’ambiente.
Collabora, laddove ne ravvisa l’opportunità, con Associazioni aventi obiettivi simili a quelli propri.
Aderisce ad iniziative di carattere internazionale, quali ad es. gli obiettivi annuali proclamati di volta in volta dalla Assemblea delle Nazioni Unite o da altri organismi internazionali.
PARTE SECONDA
Politica di autodisciplina del CAI
Considerazioni generali
La libertà e la gratuità d'accesso alla montagna sono valori primari. Ne è corollario la necessità di proteggere il patrimonio naturale e culturale costituito dalla montagna. L’alpinismo è, da sempre, l’attività sportiva di avvicinamento ed esplorazione del territorio montano, ambiente naturale governato da un “fragile” e delicato equilibrio. Tuttavia si deve constatare che altre e più “moderne” pratiche sportive “usano” l’ambiente montano quale terreno per lo svolgimento delle diverse attività.
L'accettazione del rischio è parte integrante dell'alpinismo e della frequentazione, nelle diverse forme, della montagna.
Il CAI, attraverso i propri soci, è allo stesso tempo “utilizzatore” e “protettore” dell’ambiente montano. E’ altresì presente nei propri Organi, direttivi, di indirizzo e formazione la convinzione che il peso e la pressione sugli ecosistemi alpini, esercitati dalle numerose forme di frequentazione da esso stesso organizzate, sono sempre più importanti. Da qui la necessità di accrescere il senso etico nel conciliare la pratica delle proprie attività con la salvaguardia della montagna, mantenendone il libero accesso quale principio irrinunciabile.
E’ perciò che l’autoregolamentazione in alpinismo e in tutte le altre discipline costituisce il requisito essenziale per la conservazione delle condizioni ambientali originali della montagna.
In ottemperanza a quanto sopra enunciato, il CAI si impegna a seguire un proprio codice di autodisciplina articolato nei successivi punti.
Punto 11 - Rifugi, bivacchi, capanne e sedi sociali
Si deve sottolineare il ruolo che il CAI ha da sempre assegnato ai rifugi, ai bivacchi ed alle proprie capanne sociali: quello, cioè di essere posti di sentinella in quota del territorio montano, punto di partenza e di arrivo, ideale per scoprire i paesaggi alpini. Pari importanza il CAI attribuisce alle proprie sedi sociali. Tali strutture possono inoltre essere considerate una vera e propria vetrina ed il “fiore all'occhiello” del sodalizio, con tutto ciò che ne consegue, compreso essere costantemente sotto esame da parte degli Enti Locali, per quanto riguarda l'osservanza delle normative tecniche, igienico-sanitarie, ecc. Ciò anche in relazione al fatto che il rifugio oggi sta diventando sempre più spesso esso stesso meta di arrivo, non più, come un tempo, punto di partenza per le ascensioni in quota.
La nostra posizione
Da tempo ormai gli orientamenti del CAI sono esclusivamente volti al mantenimento delle strutture esistenti, con la consapevolezza che l'attuale densità delle stesse, presenti sia sulle Alpi che sugli Appennini, sia sufficiente a soddisfare il fabbisogno, anche in termini di sicurezza, di alpinisti ed escursionisti. Altrettanto forte è la convinzione che non siano condivisibili e accettabili i tentativi, che a volte si affacciano, di trasformare i propri rifugi in alberghi di montagna.
L’impegno del Sodalizio è pertanto rivolto, oltre alla manutenzione ordinaria, ai lavori di messa a norma ecologica, di miglioramento igienico-sanitario, di smaltimento dei reflui, di ricerca di soluzioni atte ad evitare accumuli di rifiuti e di soluzioni non inquinanti per il fabbisogno energetico.
Vale la pena di rimarcare come, nel composito mondo dei rifugi, si assista ad un progressivo snaturamento della funzione. Le Sezioni proprietarie, pertanto, dovranno tenere sotto controllo le proprie strutture, affinchè il rifugio sia esempio di rispetto delle regole e luogo di sobrietà.
Nel variegato panorama amministrativo italiano, (leggi regionai), e per la stessa diversità dei comportamenti umani (usi e tradizioni locali), deve essere mantenuto un confronto serio e costruttivo con i gestori e le loro associazioni, al fine di ricercare un giusto equilibrio tra necessità di reddito e il rispetto dei valori del CAI.
Il nostro impegno
sostenere iniziative legislative a favore dei rifugi, partecipando, laddove richiesto e possibile, a tavoli di lavoro, commissioni e consulte istituzionali sul tema;
prendere posizione nei confronti di una proliferazione indiscriminata di rifugi privati;
sostenere il ruolo del rifugio quale “presidio culturale” nelle Terre Alte;
incentivare l’utilizzo dei nostri rifugi da parte dei soci, a cominciare dai giovani e dalle famiglie;
incentivare tutte le forme di produzione di energie alternative, rispetto ai combustibili fossili;
evitare la trasformazione dei rifugi in strutture alberghiere, ricercando comunque buoni standard di qualità possibilmente certificati;
promuovere la formazione di corsi di base per gestori ed ispettori tramite i Gruppi Regionali, in materia ambientale, sicurezza sui luoghi di lavoro, norme antincendio, ecc.;
far sì che, in caso di nuova costruzione e di ristrutturazione ed ammodernamento dei rifugi, gli impatti ambientali e paesaggistici siano i più contenuti possibili;
ricercare nuove forme di accoglienza e permanenza, non esclusa una diversa politica tariffaria per famiglie con giovani;
promuovere, richiedendo la collaborazione dei gestori e delle associazioni dei gestori, campagne di informazione volte a sensibilizzare la fruizione dei rifugi, non in chiave alberghiera, ma in chiave ecologica e di sobrietà;
adoperarsi affinché negli approvvigionamenti dei rifugi e/o capanne sociali l’utilizzo dei mezzi a motore, elicottero compreso, da parte dei propri incaricati, sia limitato allo stretto necessario, parimenti, sia evitato l’uso dell’elitrasporto in occasione di manifestazioni nei rifugi/bivacchi in quota;
suggerire alle Sezioni di inserire nei contratti di gestione dei propri rifugi, clausole risolutorie in presenza di comportamenti in contrasto con queste norme-raccomandazioni da parte dei gestori;
favorire e sostenere l’acquisto ed il consumo, nell’ambito delle proprie attività e strutture, di prodotti locali, nell’ottica del “km 0”;
dotare i propri rifugi, le proprie strutture in genere (sedi sociali, capanne ecc.), di impianti per la produzione diretta di energia proveniente da fonti rinnovabili o, in alternativa, sottoscrivere contratti di approvvigionamento con Società che abbiano come fonti di produzione esclusive o prevalenti, fonti rinnovabili;
gestire le proprie strutture secondo principi di sostenibilità;
limitare l’alienazione dei patrimoni (rifugi, capanne ecc.).
Punto 12 - Sentieri attrezzati e vie ferrate
L’attività escursionistica è certamente a debole impatto ambientale. Le facilitazioni del progredire, poste in essere con funi, catene, scale ed altri infissi, non sono, in genere, indispensabili alla pratica di tale attività. Tuttavia nel passato si è assistito alla proliferazione di sentieri attrezzati e vie ferrate che spesso perseguono obiettivi estranei a un corretto spirito sportivo nell’affrontare le difficoltà. Tuttora si deve costatare come in molte zone si continui ad attrezzare nuovi itinerari e/o nell’ampliamento di quelli esistenti. Ciò provoca grave danno all’ambiente di alta montagna, dove prevalentemente questi itinerari si collocano.
La nostra posizione
Con la convinzione che gli itinerari alpini, privi di manufatti, offrano esperienze indimenticabili, il CAI è, e resta, contrario all'installazione di nuove vie ferrate e/o attrezzate. Si adopera, ovunque possibile, per dismettere le esistenti, con la sola eccezione di quelle di rilevante valore storico, e/o per la messa in sicurezza di particolari passaggi lungo itinerari molto frequentati.
Il nostro impegno
Il CAI, con l’autorevolezza che deriva dalla propria storia, si pone sempre in un atteggiamento di confronto costruttivo con l’obiettivo di disincentivare i soggetti coinvolti e/o in procinto di realizzare nuove vie e/o percorsi attrezzati o di ampliarne uno esistente.
impegna le proprie Sezioni affinché si astengano dalla realizzazione di tali manufatti;
vigila e, quando sia soggetto direttamente interessato, si impegna per l’effettiva e totale rimozione dei residui nelle fasi di smantellamento e/o di rifacimento di opere preesistenti;
si impegna, se possibile, per creare tramite le Sezioni e gli Organi Tecnici di riferimento un registro degli itinerari attrezzati esistenti.
Punto 13 - Alpinismo e arrampicata
La conoscenza e il rispetto della montagna sono le condizioni indispensabili per la pratica dell’alpinismo. L'autoregolamentazione, come più sopra definita, si riferisce al mantenimento o al ripristino di condizioni ambientali conformi all'essenza dello sport alpino (wilderness = solitudine in ambiente selvaggio). Il rischio assunto e condiviso nello spirito di cordata è un momento culturale essenziale nella pratica di tale attività, dove il confronto personale dell’individuo con le difficoltà opposte dalla natura ne costituisce il fascino. Tuttavia l’eccessiva commercializzazione, alla quale anche l’alpinismo sembra non sfuggire, rischia di snaturarne sempre più l’etica.
La nostra posizione
In ottemperanza al dettato statutario, il CAI promuove la pratica dell’alpinismo e dell’arrampicata. Attraverso i propri Organi Tecnici trasmette le conoscenze tecniche ed etico-comportamentali per muoversi in montagna in sicurezza e nel rispetto dell’ambiente naturale. Qualsiasi autoregolamentazione deve basarsi sul riconoscimento di due differenti priorità:
- per un arrampicatore sportivo la priorità è la performance tecnico-atletica ottenuta anche grazie alla limitazione del rischio soggettivo, fino alla sua completa eliminazione;
- per l'alpinista la priorità è la soluzione di un problema di scalata posto dalla morfologia stessa della montagna valendosi esclusivamente delle opportunità di progressione e di protezione che essa stessa consente.
Il nostro impegno
La costruzione artificiale di itinerari di arrampicata mediante perforazione della roccia sarà limitata alle pareti che già si sono prestate naturalmente, in passato, all'esercizio dell'arrampicata sportiva perché situate in prossimità di punti d'appoggio, pur appartenendo a strutture della cresta alpina. Alla stessa stregua, possono essere considerati quegli itinerari alpinistici la cui iperfrequentazione ha richiesto interventi speciali ai punti di sosta per ragioni di sicurezza. Si tratta di itinerari che - almeno temporaneamente - non consentono più una vera esperienza alpinistica.
In tutte le altre situazioni, durante la ripetizione di itinerari di scalata, saranno rispettate e/o ripristinate le protezioni disposte dai primi salitori, o quelle nuove riconosciute accettabili dopo un certo numero di ripetizioni. Eventuali ulteriori protezioni, utilizzate durante la salita, dovranno essere rimosse. L'apertura di nuovi itinerari di scalata dovrà basarsi sulla struttura naturale della montagna e sul rispetto delle vie logiche di salita. L'uso dei mezzi artificiali che comportano la perforazione della roccia dovrà essere evitato o limitato a casi straordinari, simili a quelli in cui essi sono stati tradizionalmente tollerati, ossia ai casi in cui essi consentono il superamento di brevissime interruzioni della linea di salita naturale, e ai casi di emergenza.
Per quanto riguarda l’arrampicata in palestre naturali l’impegno consisterà nel limitare il più possibile l'apertura di nuovi siti e nell’eventualità se ne ravvisi l’opportunità si avrà cura, prima di procedere, di considerare attentamente l'impatto sulla flora e sulla fauna, ricorrendo al parere di persone competenti, e del gruppo di lavoro (GAL), eventualmente istituito dal CAI.
Nelle palestre esistenti gli arrampicatori si impegnano:
al rispetto delle eventuali convenzioni in essere, di eventuali periodi di interdizione per particolari esigenze dell’avifauna (periodi di nidificazione, ecc.);
a una totale e completa asportazione dei rifiuti, compresi quelli eventualmente abbandonati da altri;
al pieno rispetto della zona alla base delle rocce e dei sentieri di accesso, evitando di tracciare scorciatoie.
Nell’arrampicata su cascate di ghiaccio si deve avere particolare riguardo a non recare disturbo alla fauna, in un periodo dell’anno molto delicato per la sopravvivenza.
(vedi nota n. 7)
Punto 14 - Scialpinismo ed escursionismo invernale
Le attività connesse con il turismo invernale al di fuori dei comprensori sciistici, quali lo scialpinismo, sci di fondo escursionistico, escursioni con racchette da neve, snowboard, ecc., negli ultimi anni, sono notevolmente aumentate in tutti i territori alpini e di montagna in genere. Le escursioni con racchette da neve, in particolare, si svolgono in ambienti (boschi) particolarmente sensibili per la tutela della natura e della fauna nel periodo invernale, momento particolarmente critico per tutto il mondo animale a causa delle condizioni ambientali estreme e scarsità di cibo. La presenza umana, soprattutto in un numero elevato di soggetti, può generare situazioni di stress negli animali con grande dispendio di energie.
La nostra posizione
Il CAI ritiene che le attività all'aria aperta a contatto con la natura siano da ritenersi molto importanti per la crescita e l’equilibrio individuale e per il benessere psicofisico in genere del soggetto. Ritiene, inoltre, che tali attività, quando praticate in gruppo, costituiscano momento importante di socializzazione e di convivenza altamente educativa.
Il CAI è perciò fermamente convinto che tali attività non debbano essere mai limitate mediante preclusione all'accesso delle aree naturali nel periodo invernale, anche quando tali limitazioni sembrerebbero indirizzate alla salvaguardia dell’incolumità individuale. Auspica quindi che le diverse discipline sportive invernali in ambiente innevato possano sempre essere liberamente praticate appellandosi al senso di responsabilità dei propri Soci nel perseguire gli obiettivi primari della sicurezza e del minimo impatto sull’ambiente.
Il CAI stigmatizza alcuni tentativi di vietare con leggi e/o ordinanze la pratica di tali attività. Individua, invece, nell’autodisciplina e nel comportamento responsabile ed ecocompatibile di chi pratica lo scialpinismo e l’escursionismo invernale il solo modo per evitare che si creino situazioni di rischio per sé, per gli altri e per l’ambiente naturale.
Il nostro impegno
I singoli Soci e le Sezioni presteranno la massima attenzione nel pianificare gli itinerari, documentandosi sulla natura del territorio che si intende percorrere, tenendo conto che alcune zone possono essere soggette a particolari vincoli di tutela (riserve faunistiche o riserve integrali) e che, perciò, saranno il più possibile evitate.
Durante l’escursione dovrà essere rispettata la vegetazione in ogni sua forma, evitando in particolare di passare nel bosco in fase di rinnovamento e nei rimboschimenti per non danneggiare le giovani piantine con le lamine degli sci e con i ramponi delle racchette, specie quando la neve è polverosa e/o scarsa.
Nel bosco saranno percorse il più possibile le strade forestali, sia in salita che in discesa.
Massima attenzione sarà posta nel rispettare la fauna selvatica, particolarmente sensibile nella stagione invernale e in primavera, durante il periodo riproduttivo. Dovranno essere evitati rumori e avvicinamenti inutili, anche alle zone predisposte per il sostentamento invernale (mangiatoie, zone di bivacco ecc.).
Punto 15 - Scialpinismo e altre attività praticate in forma competitiva (gare)
Come noto, molte attività in montagna, che in origine erano praticate in forma esclusivamente ludica e amatoriale, hanno trovato, in tempi più o meno recenti, la loro evoluzione (o involuzione) agonistica o competitiva. Si pensi allo sci di discesa, di fondo, all’arrampicata sportiva, alla mountain bike, alla corsa in montagna e perfino alle racchette da neve.
L’impatto sull’ambiente di tali attività praticate in occasione di gare e/o competizioni è spesso devastante, sia per la forte richiesta di infrastrutture sia per il tipo di persone coinvolte (atleti, organizzatori, spettatori), spesso dotati di scarsa sensibilità ai problemi ambientali.
La nostra posizione
Il CAI è di regola contrario alla pratica di tali discipline in forma agonistica professionale e/o, più in generale, in forma competitiva anche amatoriale.
Indirizza perciò i propri Soci verso la pratica delle diverse attività in forma ludico amatoriale individuale e/o nelle gite sociali.
È contrario alla costruzione di infrastrutture finalizzate esclusivamente all’attività agonistica e/o competitiva. Quando ciò non possa essere evitato, in presenza di finalità socio-economiche a sostegno delle popolazioni di montagna, si adopera affinché gli impianti siano costruiti in zone già antropizzate, privilegiando siti ove l’accesso possa avvenire con mezzi di trasporto pubblici o a basso impatto ambientale.
Il nostro impegno
Il CAI sensibilizza le proprie Sezioni affinché si astengano dall’organizzare direttamente, e/o in collaborazione con altri soggetti locali, tali manifestazioni, anche se ad esse fosse riconosciuto un forte valore propagandistico.
Quando tali manifestazioni sono organizzate dagli Enti locali e non possano essere impedite, collabora e vigila affinché siano rispettate tutte le regole per la massima tutela dell’ambiente, richiedendo, dove previsto, agli organi competenti la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Controlla che, al termine delle manifestazioni, siano completamente rimosse tutte le infrastrutture, i segnali indicatori (nastri, cartelli, ecc.) ed ogni altro genere di rifiuto.
Punto 16 - Escursionismo e cicloescursionismo
L’escursionismo è l’attività certamente più praticata in seno al CAI, e non solo.
Tale attività inoltre coinvolge un numero sempre più grande di persone, molto spesso autodidatte, che in forma individuale e/o organizzata frequentano i sentieri di montagna e le strutture (rifugi) di appoggio, un tempo dedicate quasi esclusivamente agli alpinisti.
L’impatto sull’ambiente di un numero di persone sempre maggiore rasenta il limite della insopportabilità per il fragile ecosistema montano, specie in certi periodi dell’anno e in certe zone. Alcuni sentieri di accesso, un tempo larghi tanto da consentire il passaggio di un solo uomo, hanno raggiunto oggi dimensioni di strade a doppia carreggiata a causa dei continui tagli e scorciatoie.
Ciò è causato dal fatto che molti escursionisti non sono in possesso delle pur minime conoscenze non solo per la propria e altrui sicurezza, ma anche del delicato e meraviglioso ambiente in cui si muovono.
Ultimamente, inoltre, è diventato molto di moda percorrere i sentieri e le strade forestali di montagna con la bicicletta. L’evoluzione tecnica di questo mezzo permette oggi di raggiungere luoghi un tempo impensabili. Conseguentemente il numero dei frequentatori dei sentieri con tale mezzo è in costante aumento creando non pochi problemi sia per la compresenza con gli escursionisti sia per i danni sul terreno.
Appare evidente che tutto ciò genera un grande problema rispetto alla tutela dell’ambiente e della natura.
La nostra posizione
Va ribadito, comunque, da parte del CAI, che trascorrere anche solo poche ore all’aria aperta, a contatto con la natura, impegnati in una sana attività fisica, anche modesta, contribuisce al ristoro psicofisico dell’uomo. Pertanto tali attività sono certamente da promuovere e da incentivare.
Il CAI, attraverso i propri Organi Tecnici, Centrali, Territoriali e Sezionali, è impegnato in una costante opera di formazione, non solo tecnica ma anche di educazione ambientale.
In particolare le conoscenze in tema di tutela dell’ambiente, di salvaguardia della flora e della fauna, e di rispetto delle aree protette, costituiscono parte fondamentale della Base Culturale Comune, non solo per chi pratica esclusivamente l’escursionismo e/o il ciclo escursionismo, ma, alla pari, per tutte le attività istituzionali del Sodalizio.
Il nostro impegno
Valgono qui le stesse regole di autodisciplina previste per l’escursionismo invernale, con gli sci o con le racchette da neve, praticato sia individualmente che in gruppi organizzati.
Più in particolare si chiederà ai propri soci, e ad ogni altro escursionista, che, percorrendo i sentieri, siano evitate scorciatoie sui terreni non rocciosi per diminuire gli effetti del dilavamento delle acque e prevenire i dissesti del suolo.
Gli escursionisti, durante l’attività, si impegneranno a non abbandonare i sentieri tracciati, ad evitare i rumori inutili (uso dei bastoncini), in particolare nell'attraversamento di aree protette o biotopi. Nelle gite organizzate, gli accompagnatori valuteranno, preventivamente, la capacità di carico antropico degli ambienti attraversati.
Particolare cura sarà posta nella rimozione dei rifiuti, compresi, nei limiti del possibile, quelli abbandonati da altri.
Durante i pernottamenti nei rifugi dovrà essere osservato scrupolosamente il regolamento, evitando inquinamenti acustici e luminosi, anche, e soprattutto, all’esterno della struttura.
Occorrerà, inoltre, sensibilizzare le Sezioni ed i soci, nell’ambito della organizzazione e durante lo svolgimento delle attività, tanto estive, quanto invernali, che prevedano spostamenti, all’utilizzo dei mezzi pubblici e/o collettivi di trasporto, ove possibile, al fine di dare un significativo contributo alla riduzione del traffico o, comunque, per essere di esempio per gli altri utenti.
Punto 17 - Speleologia e torrentismo
L’ambiente ipogeo (grotte, cavità naturali, gole, forre) e carsico (doline, inghiottitoi, altipiani, altro) costituisce, nel suo complesso, al pari dell’alta montagna, uno degli ambienti naturali meglio conservati d’Europa.
È un ambiente unico per quanto riguarda aspetti geologici, faunistici, vegetazionali, paleontologici, antropici e storici; infatti molte cavità costituirono rifugio e dimora per l’Uomo, dai tempi della preistoria a tempi molto più recenti.
L’ambiente ipogeo è strettamente in relazione al ciclo dell’acqua e costituisce spesso da secoli fonte di approvvigionamento idrico per intere comunità.
Di grande interesse storico e culturale, collegato alle Terre Alte, è l’insieme delle numerose cavità artificiali realizzate dall’uomo (miniere, cunicoli, gallerie di natura bellica, ecc.).
L’ambiente ipogeo in genere è caratterizzato da una estrema fragilità.
Molti ambienti ipogei hanno subito profonde trasformazioni per valorizzazioni di carattere turistico.
La nostra posizione
Il CAI è pienamente conscio della importanza e della fragilità di tale ambiente.
Attraverso i propri Gruppi Speleo ed il Comitato Scientifico è impegnato da lungo tempo in attività di studio, esplorazione e frequentazione dell’ambiente ipogeo.
Purtroppo l’impatto sull’ambiente ipogeo, causato da attività umane, a cominciare dagli speleologi stessi e/o da frequentatori occasionali, nonché da cattive abitudini (utilizzo di forre, doline, cavità, quali discariche di reflui e solidi) è risultato spesso devastante.
Il CAI, attraverso i propri Organi Tecnici Centrali e Territoriali, le proprie scuole ed istruttori, è impegnato in un’ opera costante di formazione tecnica, conoscenza ed educazione ambientale, mirata ad una corretta frequentazione di tale ambiente.
Il CAI è protagonista, attraverso il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, di delicate operazioni di soccorso in ambiente ipogeo od ipogeo-assimilabile (nel caso di catastrofi naturali quali terremoti e simili).
Il nostro impegno
sostenere provvedimenti legislativi finalizzati alla tutela integrale dell’ambiente ipogeo;
sostenere studi e ricerche rivolti all’ambiente ipogeo, anche in collaborazione con enti, istituzioni ed associazioni aventi scopi simili;
sostenere la valorizzazione di tale ambiente per scopi didattici e scientifici;
sostenere il libero accesso al mondo ipogeo, nel pieno rispetto della legislazione e/o di ordinanze specifiche vigenti;
porre la massima attenzione mirata alla conservazione di tale ambiente ed alla minimizzazione dell’impatto ambientale, nella programmazione ed effettuazione di attività singola ed organizzata in proprio di ricerca, esplorazione, studio, avvicinamento a tale ambiente (didattica, corsi, altro).
Punto 18 - Spedizioni alpinistiche e trekking internazionali
Le spedizioni alpinistiche e i trekking extraeuropei si svolgono di norma in Paesi in cui l’ambiente è caratterizzato da un ecosistema già di per sé fragile. In questi Paesi, inoltre, resistono ancora forme di antropizzazione a basso impatto ambientale che devono essere assolutamente rispettate. Le spedizioni alpinistiche e i trekking che coinvolgono numerose persone, sia di supporto sia partecipanti, possono progressivamente provocare gravi danni all’ambiente e al sistema socio-economico di tali aree geografiche così come già accaduto in molti casi.
Tuttavia, sono indiscutibili anche i benefici, soprattutto economici, per le popolazioni di quei Paesi, a volte prive non solo dei più elementari comfort ma, spesso, anche del minimo necessario per la sopravvivenza.
La nostra posizione
Il CAI, attraverso le proprie Sezioni e/o i singoli soci, è uno dei tanti soggetti impegnati nell’organizzazione di spedizioni e trekking extraeuropei. E’ indispensabile perciò che tali attività siano praticate con il massimo rispetto per la natura dei luoghi ove esse si svolgono, preservandone in modo assoluto l’integrità e utilizzando, il più possibile, risorse locali, sia in termini di uomini sia di mezzi, privilegiando, ove possibile, la mobilità lenta con l’ausilio di animali da soma. Il materiale tecnico usato per lo svolgimento dell’attività deve essere sempre riportato nel luogo di acquisto (paese dove si svolge l’attività o Italia)
Il nostro impegno
Occorre porre la massima attenzione per il rispetto di tali principi in fase di programmazione, sia delle attività individuali, che di eventuali iniziative che coinvolgano altri soggetti (non soci, guide, ecc.).
Tutti i partecipanti dovranno essere sensibilizzati in tal senso prima della partenza.
Ugualmente il CAI assumerà una posizione ferma per il rispetto di tali regole comportamentali nei confronti di soggetti terzi, UIAA compresa, e di altre organizzazioni internazionali.
Punto 19 - Manifestazioni
Con l’aumento dei praticanti, anche non appartenenti al CAI, amatori delle diverse attività sportive in montagna quali: la corsa, la bicicletta, lo scialpinismo, il fondo escursionistico e l’attività con racchette da neve, si sono sviluppate diverse forme di aggregazione, raduni e/o manifestazioni alle quali spesso partecipano diverse centinaia (in alcuni casi migliaia) di appassionati.
La nostra posizione
Il CAI vede in modo positivo questi momenti di ritrovo che coinvolgono numerosi Soci e/o semplici simpatizzanti che, oltre all’aspetto socializzante, possono essere occasione di far conoscere norme di comportamento virtuoso e principi di sicurezza nel muoversi in montagna.
Risulta, tuttavia, che in determinate occasioni, il numero dei partecipanti si rivela incompatibile con il “carico antropico” sopportabile dalle zone coinvolte.
Il nostro impegno
Il CAI, perciò, si adopererà affinché la presenza dei partecipanti alle diverse manifestazioni sia commisurata alla capacità di sopportazione delle zone coinvolte, prevedendo, come già avviene per alcuni eventi, il numero chiuso. Dove prescritto, si accerterà che sia fatta la Valutazione di Impatto Ambientale.
Collaborerà con gli Enti e le Associazioni interessate nella preparazione dei percorsi e tracciati affinché questi non interferiscano con le zone di stanziamento e/o di riproduzione della fauna.
Vigilerà affinché al termine delle manifestazioni siano completamente rimosse tutte le infrastrutture e i segnali indicatori (nastri, cartelli, ecc.).
Punto 20 - Educazione ambientale
Le montagne e le persone che in esse vivono costituiscono una realtà geografica e sociale marginalizzata e poco conosciuta dalla maggioranza dei cittadini e degli ambienti culturali e politici, essenzialmente legati alle realtà di pianura e costiere. La fine della millenaria colonizzazione alpina e l’esodo generalizzato delle popolazioni negli ultimi cinquant’anni, particolarmente nella cosiddetta media montagna, pongono quesiti di rilevante importanza e richiedono decisioni strategiche a fronte delle quali le conoscenze e la consapevolezza delle dinamiche montane non appaiono oggi adeguate.
La frequentazione della montagna avviene per larga parte in bolle di realtà artificiale quali le stazioni sciistiche, oppure su strutture attrezzate e rese sicure, e anche con modalità di frequentazione veloci e poco legate alla comprensione dell’ambiente e delle sue regole. La conoscenza concreta del territorio sta svanendo nella maggioranza dei cittadini e i viaggiatori sono pochi, a fronte di tantissimi passeggeri.
Le catastrofi naturali avvengono come sono sempre avvenute, ma i cittadini sembrano aver perso i fondamentali della comprensione e del comportamento in situazioni difficili o peggio.
L’immagine della montagna resta sempre attraente, ma la visione del possibile è distorta. La mera ricerca della prestazione sembra essere il tratto dominante con il quale si sviluppano le attività all’aria aperta, non di rado unita alla ricerca ossessiva di situazioni adrenaliniche fini a sé stesse e all’insegna del “tutto è dovuto, tutto è facile”.
Un generale disorientamento ed una diffusa crisi esistenziale investono oggi le giovani generazioni, sia cittadine sia montane. È anche evidente un progressivo distacco dalla natura a fronte di una eccessiva tendenza alle esperienze virtuali con la conseguente rincorsa a sensazioni sempre più forti, anche spinta dall’errato convincimento di assenza del limite.
Da queste constatazioni nasce una grande sfida educativa per tutta la società.
La nostra posizione
La conoscenza dei luoghi e del paesaggio è il presupposto essenziale per una consapevole azione dell’uomo, senza la quale ogni forma di tutela è pura utopia. Dalla sua fondazione il Club Alpino Italiano fa conoscere le montagne e sviluppa una pedagogia basata sulla consapevolezza, articolata sulla esplorazione intesa come studio, documentazione e frequentazione del territorio. Qui trova fondamento lo sviluppo, specie nei giovani, di spiriti liberi e responsabili che trovano nelle montagne un laboratorio unico per la loro crescita umana.
Coloro che si avvicinano alle attività del CAI necessitano di maestri che testimoniano valori e saperi condivisi attraverso le esperienze vissute e le conoscenze maturate; e non certo di facilitatori e di animatori per azioni di breve respiro. Il Progetto educativo del Club Alpino Italiano, adottato nel 1988, costituisce tutt’ora il fondamentale riferimento nella nostra azione verso e per i giovani.
È necessario un forte impegno educativo e pedagogico per migliorare le conoscenze del territorio e dell’ambiente montano, naturale e antropico, finalizzate all’accrescimento personale e quale bagaglio culturale per una razionale opera di salvaguardia del mondo delle montagne e dei suoi abitanti.
In questo quadro generale l’azione propositiva del Club Alpino Italiano può portare un utile contributo nel rispetto dei principi costituzionali di sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica nonché di tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 della Costituzione della RI).
Il nostro impegno
potenziare, anche attraverso dotazioni finanziarie adeguate, gli Organi Tecnici competenti al fine di consentire una capillare e puntuale diffusione e conoscenza delle Linee di indirizzo contenute nel presente documento, sviluppando anche un adeguato sistema di supporto ai Gruppi regionali, alle Sezioni e alle Scuole;
incrementare l’attuale offerta di corsi di formazione ambientale e di lettura del paesaggio per soci e non soci inserendo obbligatoriamente queste tematiche nei corsi di formazione di base per i titolati istruttori e accompagnatori e per i direttori di gita;
collaborare con la Scuola di ogni ordine e grado e con le associazioni giovanili per iniziative di approccio alla montagna, di lettura del paesaggio e di educazione ambientale.;
promuovere la disponibilità a cooperare con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per iniziative e corsi di aggiornamento per insegnanti, nonché per lo sviluppo dei necessari supporti didattici;
realizzare manuali, pieghevoli, anche illustrati, di formazione sul tema, quali strumenti operativi essenziali per rispettare questi impegni.
Conclusioni
La Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano, il Comitato Scientifico e le loro espressioni territoriali valutano le priorità delle azioni da porre in essere, anche a supporto delle Sezioni, rispetto a eventuali emergenze in presenza di aggressioni al paesaggio alpino e non, in linea con i principi espressi nei diversi documenti elaborati dal Sodalizio e, principalmente, in queste direttive.
Sanzioni
Una normativa sanzionatoria sull'autodisciplina è importante quanto una decisa presa di posizione sui grandi temi ambientali. Se il CAI non rispetta in casa propria i principi, che proclama all'esterno, non ha voce per farsi ascoltare dalle istituzioni e dalle popolazioni interessate alle tematiche ambientali.
Occorre allora che il potere disciplinare sia esercitato a livello sezionale dal Comitato Direttivo, a livello regionale dal Consiglio Direttivo Regionale, a livello nazionale dal Comitato Direttivo Centrale con le modalità previste dal regolamento disciplinare: nei confronti del socio adottando a seconda della gravità dei fatti l'ammonizione, la sospensione dall'esercizio dei diritti o la radiazione; nei confronti dei titolari di organi monocratici, come di membri di organi collegiali, applicando la interdizione temporanea a ricoprire cariche sociali o lo scioglimento dell'organo.
La violazione degli impegni del Club Alpino Italiano, esplicitati nel presente documento, impone l'esercizio del potere disciplinare.
Note
Nota n. 1 - altri documenti CAI inerenti:
Art. I.1 del vigente Statuto: il Club Alpino Italiano (CAI), fondato in Torino nell’anno 1863, per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale;
mozione del 98° Congresso Nazionale CAI di Predazzo 18 – 19 Ottobre 2008;
UIAA: Dichiarazione di Kathmandu (ottobre 1982).
Nota n. 2 - altri documenti CAI inerenti:
punto 1 del BIDECALOGO 1981, integrato nel 1986 (Tutela integrale dell’alta montagna, in particolare di ghiacciai, creste, vette ed elementi morfologici dominanti e caratteristici).
Nota n. 3 - altri documenti CAI inerenti:
procedure di: Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.); Valutazione di Incidenza e Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.); Ruolo delle Commissioni, degli Operatori TAM e dell’Ufficio Tecnico Ambiente della Sede Centrale (Documento approvato dal CC il 16/02/2007).
Nota n. 4 - altri documenti CAI inerenti:
proposta del CAI sull’utilizzo dei mezzi meccanici in montagna (Documento approvato dal CC in data 15/07/2006);
proposte di modifica del Codice della Strada;
motoslitte (approvata dal CC in data 29/09/2007);
sentieri, mulattiere e tratturi (proposta avanzata dal CAI congiuntamente con Mountain Wilderness, Legambiente, WWF, LIPU, Federazione Italiana Pro Natura, CIPRA Italia nell’agosto 2008).
Nota n. 5 - altri documenti CAI inerenti:
energia – Generatori eolici (Documento approvato dal CC in data 29/03/2008).
Nota n. 6 - altri documenti CAI inerenti:
113° Congresso SAT: LE ALPI ED I CAMBIAMENTI CLIMATICI – Tesi di Moena (Moena 1 – 7 Ottobre 2007).
Nota n. 7 - altri documenti CAI inerenti:
Tavole della montagna di Courmayeur (1995) Congresso Nazionale CAI di Pesaro (1997).